Il rapporto fede-cultura rappresenta una costante nelle riflessioni di uomini di chiesa, pittori, musicisti, poeti e scienziati. Ho avuto discussioni e confronti molto interessanti sull’argomento con amici artisti, che non si riconoscono in nessuna fede ma allo stesso tempo sono spinti da una spasmodica ricerca nello scandagliare i misteri del mondo e della bellezza, sempre motivati da una sete di verità autentica ed inquieta!
La
Costituzione «Gaudium et spes» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa
nel mondo contemporaneo a tal proposito dice così:
“…se la ricerca
metodica di ogni disciplina procede in maniera veramente scientifica e secondo
le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà
profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si
sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà,
anche senza che egli se ne avveda, viene come condotto dalla mano di Dio, il
quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono”.
Francesco
Bacone amava ripetere: “poca scienza allontana da Dio, molta
riconduce a Lui“, fede e scienza non saranno mai in reale
contrasto.
Arte
e cultura corrono sempre il rischio di rimanere autoreferenziali e fine a sé
stesse, lontane dalla vita della gente, lontane dalla sete di verità e di pace;
allo stesso tempo la fede non può limitarsi ad un’identità rassicurante
rafforzata da “un imparaticcio di usi umani”:
Gli
uomini attendono impazienti la traduzione esistenziale del messaggio cristiano,
una testimonianza fresca, gioiosa e credibile che vada oltre gli automatismi
della fede e ci porti alla compassione e alla capacità di immedesimazione verso
tutti gli uomini, specialmente verso coloro che abitano le periferie
esistenziali.
Il
cardinale Bergoglio, riprendendo Wojtyla, disse: “una
fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente
pensata, non fedelmente vissuta“.
L’umanesimo
occidentale non ha impedito gli orrori di Auschwitz, non erano barbari quelli
che ordinarono la Shoah, ma illuministi che avevano raccolto decine di Nobel.
Significative a tal proposito le parole del saggista George Steiner:
“Noi sappiamo che un
uomo può leggere Goethe o Rilke la sera, che può suonare Bach e Schubert, e
andare a fare la sua giornata di lavoro ad Auschwitz la mattina“. La cultura non salva l’uomo!
L’uomo
è definito dalla sua tensione verso l’infinito e dal suo limite; Nei miei
tormenti giovanili, caratterizzati dall’ansia costante di essere e creare, le
parole che forse più mi hanno illuminato ed aiutato sono state quelle dell’Inno
alla Carità di San Paolo Apostolo:
“Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei un bronzo risonante o un cembalo squillante.
Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla…”
La
cultura può aiutarci a risvegliare la vita dello spirito, ma non è certo la
cultura a salvare l’uomo! Per questo è importante dare impulso all’opera di
evangelizzazione della cultura e di inculturazione della fede.
Nella
mia personale esperienza d’artista è stato fondamentale il ruolo della bellezza
come luogo d’incontro tra la cultura e la fede, per questo non posso che essere
d’accordo con il filosofo Roger Scruton:
“La bellezza risveglia in noi la nostalgia di un’esistenza più perfetta.
La bellezza
ci ricorda che alle nostre esistenze qualcosa manca, qualcosa che non è
possibile colmare con l’abbondanza materiale.
Non vi è
ragione per pensare di doverlo abbandonare la via positiva della bellezza.
Perché, allora, così tanti artisti si rifiutano oggi di camminare lungo quel
sentiero? Forse perché sanno che conduce a Dio”.
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