Qualche giorno fa, su "Il
Foglio", ho letto un'interessante intervento del Prof. Vittorio Emanuele
Parsi circa la guerra in Ucraina. Parsi afferma:
"Il problema non è fermare
la guerra ma fermare Putin, solo fermando Putin, la guerra si ferma. L'idea che
si debba fermare la guerra fermando gli ucraini è come dire che, di fronte a
uno stupro, serva un matrimonio forzato".
Questo esempio così forte e crudo
mi ha spinto all'immedesimazione! La mia prima reazione, come marito
e padre, è stata di profonda indignazione; di fronte a questa orribile
condizione di ingiustizia è impensabile poter dialogare, accettare compromessi
o prendere accordi con il carnefice delle persone che più amiamo al mondo!
Ma l'esempio del Prof. Parsi non
è esemplificativo fino in fondo. Sarebbe piuttosto un altro, l'esempio
dolorosamente più appropriato, dal quale sorge una drammatica domanda:
Nel malaugurato caso in cui
qualcuno entri in casa nostra, stupri nostra moglie e uccida alcuni dei nostri
figli, continuando poi a girare armato per casa, cosa farebbe un buon
padre di famiglia, impossibilitato a fermare ragionevolmente l'aggressore?
Riflettendo meglio non ho dubbi:
Farebbe tutto quello che è in suo potere fare per limitare l'orrore, e salvare
quanti più figli possibile, tra quelli rimasti ancora vivi, costi quel che
costi! Forse questo intendeva dire Papa Francesco quando ha detto: “Il dialogo con la Russia? Puzza, ma si deve fare”, perché facendo il contrario “chiudiamo l’unica porta
ragionevole per la pace”.
Il buon padre di
famiglia deve discernere e cercare sempre il bene della famiglia, e quando il
bene non è possibile, deve accettare anche di considerare, per amore, il male
minore, altrimenti tutto precipita. È per questo che, pur stimando molto
Ernesto Che Guevara, non posso essere d'accordo con il suo motto "hasta la
victoria siempre", perchè l'amore vale più dell'onore, l'amore supera ogni
ideologia o nobile proposito e solo l'amore può interrompere l'orribile spirale
di violenza a cui stiamo assistendo attoniti!
Nella
drammatica situazione attuale ovviamente non c’è spazio per soluzioni semplici
e indolore. Una cosa però è la resa, altra cosa, è fare tutto, sottolineo
TUTTO, quanto è possibile per trovare un qualche punto di incontro per limitare
i danni, a maggior ragione ora che si gode di un vantaggio strategico, e forse,
è interesse anche della Russia considerare una trattativa per nascondere, almeno in parte, la
sconfitta.
Tra una resa incondizionata, la scelta di combattere ad oltranza, costi quel che costi, o piuttosto accettare di non chiudere drasticamente il dialogo, per quanto doloroso, c’è una differenza sostanziale, proprio su questa differenza ci stiamo giocando il futuro dell’umanità. Non possiamo permetterci la soluzione: o la va o la spacca!
Dobbiamo
certamente constatare quanto delicata e complicata sia la definizione di “male
minore” e sono d’accordo con chi dice che tra le conseguenze di una trattativa
si avrebbero, ANCHE, ripercussioni negative lì dove criminali, presenti e
futuri, si illudessero di trarre vantaggio dalla prevaricazione e dalla
violenza.
Ma
il punto è proprio questo: la definizione stessa di male minore comprende la
necessità di assumere dei rischi e dei compromessi per evitare un male
addirittura peggiore. L’unica cosa certa oggi è che ormai non possiamo più
permetterci il lusso di scegliere tra un bene e un male, questo è il vero
dramma, la storia ci costringe a scegliere il male minore.
Di fronte ad un sequestro di ostaggi, non si ha forse il dovere di stabilire un contatto con l'assassino, facendo tutto quanto sia possibile per tutelare chi è ancora in vita? Solo dopo si parlerà della pena e delle responsabilità. Possiamo anche non essere d'accordo con l'adagio di Erasmo da Rotterdam secondo cui: "la pace più ingiusta è migliore della guerra più giusta", ma dobbiamo necessariamente domandarci: Quante persone potrebbero ancora morire in Ucraina di fronte alla nostra illusione di sconfiggere un criminale armato di atomica disposto al tutto per tutto in caso di sconfitta? Senza contare in questo caso le vittime collaterali in Europa, America, Russia…
Vince la guerra quando perdiamo la fiducia nel realismo della diplomazia, vince la guerra quando ogni sforzo verso il dialogo e il negoziato viene considerato scandaloso! Senza banalizzare il dramma, ne sottostimare l’orribile ingiustizia, dalla quale è lecito difendersi, per amore di chi amiamo, per amore dei nostri figli salviamo il salvabile, fermiamo il piano inclinato della guerra!
Francesco
Astiaso Garcia
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