“una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta“ Giovanni Paolo II
Come fare per colmare il vuoto che separa l’arte dalla fede e gli artisti dalla Chiesa?
A tal proposito ieri abbiamo avuto un incontro schietto e proficuo con Don Matteo, il cardinal Zuppi anche in vista del Giubileo degli artisti che si terrà a Roma nel 2025.
“La Chiesa ha bisogno dell’arte. Si può dire anche che l’arte abbia bisogno della Chiesa?”
Giovanni Paolo II rivolse questa domanda agli artisti nella lettera che scrisse in occasione dell’anno Giubilare.
Nel corso della Storia, gli artisti hanno sempre collaborato con la Chiesa per diffondere la cultura, la verità e la bellezza; come mai allora negli ultimi due secoli abbiamo assistito al marcarsi di una distanza tra le eccellenze delle avanguardie artistiche e la Chiesa?
Forse la Chiesa non è stata sufficientemente capace di comprendere le rivoluzioni stilistiche dell’arte e di stare al passo con i tempi, o piuttosto gli artisti hanno abbandonato il senso della fede e di conseguenza si sono allontanati dalla Chiesa?
Personalmente penso siano vere entrambe le cose; la Chiesa, affezionata al canone di una bellezza che trova nel Classicismo, nel Rinascimento, Manierismo e Barocco il suo massimo splendore, spesso e volentieri, ha avuto verso le novità stilistiche, un atteggiamento di diffidenza non molto diverso da quello del Salon degli Accademici nei confronti degli impressionisti, nella Francia della seconda metà dell’800.
D’altra parte, gli artisti forse stanchi delle influenze dei committenti e soprattutto eredi di una società sempre più scristianizzata e relativista si sono allontanati e opposti alla Chiesa, vedendo in essa un grande sistema di controllo ed omologazione del pensiero, lontana dal libertinaggio creativo e morale che ha caratterizzato gli ultimi tempi.
Come fare allora per colmare il vuoto che separa l’arte dalla fede e gli artisti dalla Chiesa?
Giovanni Paolo II, nella Lettera sopra citata, auspicava il riannodarsi di una più proficua cooperazione tra l’arte e la Chiesa, perchè “l’umanità di tutti i tempi, anche quella di oggi, aspetta di essere illuminata sul proprio cammino e sul proprio destino.”
Come Unione Cattolica Artisti Italiani ci sentiamo chiamati a collaborare affinchè questa cooperazione ritrovi l’intesa di un tempo. In fin dei conti, tanto l’arte quanto la Chiesa desiderano rispondere agli aneliti più profondi del cuore e favorire il ricongiungimento, tra la nostalgia della pace, della verità e della giustizia che ogni uomo sente, e il mondo effettivo dove abitiamo in cui spesso e volentieri mancano bellezza e bontà.
L’animo umano è abitato dal desiderio di trascendere tutti i limiti, la bellezza è fragile custode di questo insopprimibile anelito;
Sono pochi gli artisti contemporanei che conservano un rapporto con la fede e con la Chiesa e sono ancora meno i cristiani che hanno un’autentica consapevolezza della bellezza e dell’arte moderna.
Perciò le migliori opere d’arte non hanno più nulla a che fare con il messaggio e i contenuti della Fede Cristiana, e viceversa le opere “cristiane” spesso e volentieri mancano della necessaria qualità tecnica e artistica per essere considerate a tutti gli effetti Opere d’Arte!
Alcuni artisti di talento ancora collaborano con vescovi o parroci ma nella stragrande maggior parte dei casi a loro non viene chiesto un lavoro creativo, bensì un’esecuzione artigianale che riproponga nostalgicamente gli schemi e i canoni dell’arte tradizionale cristiana.
Bisogna dire anche che pochissimi dei parroci responsabili della decorazione e dell’ornamento delle chiese hanno una sensibilità e una formazione storico-artistica moderna e contemporanea, anzi sono spesso diffidenti e prevenuti verso tutto quello che non conoscono.
Papa Francesco a proposito dell’arte ha scritto:
“La Chiesa deve promuovere l’uso dell’arte nella sua opera di evangelizzazione, guardando al passato ma anche alle tante forme espressive attuali. Non dobbiamo avere paura di trovare e utilizzare nuovi simboli, nuove forme d’arte, nuovi linguaggi.”
Papa Francesco apre esplicitamente all’arte contemporanea, ai nuovi simboli, ai linguaggi dei nostri tempi, superando le perplessità di una struttura clericale che spesso il Pontefice ha contestato per la sua difficoltà ad aprirsi al nuovo.
A questo punto sorge un’altra domanda: qualora vescovi e parroci avessero questa sensibilità e formazione, e lasciassero agli artisti esprimere il loro genio, troverebbero artisti con un senso della Fede sufficientemente formato dal quale poter attingere la loro creatività a maggior gloria di Dio? Nell’arte di oggi il mistero, il trascendente e il religioso in senso lato hanno ancora cittadinanza?
Nel caso contrario, come potrebbe un’artista, per quanto virtuoso o geniale, accostarsi attraverso il suo lavoro al Mistero della Fede che ignora o peggio esclude dalla sua esistenza?
È necessario introdurre un’antropologia cristiana nell’arte moderna e una sensibilità contemporanea nell’arte cristiana.
Per fare questo la Chiesa ha bisogno degli artisti e gli artisti hanno bisogno della Chiesa.
Sempre attuali sono le parole del fondatore dell’Ucai Paolo VI:
“Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione.
La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia nel cuore degli uomini.”
Bisogna risvegliare nell’uomo la nostalgia di Dio e così anche nelle arti avremo un rifiorire di bellezza, di profondità nuova e contemporanea, trovo illuminanti a tal proposito le parole di Saint-Expupéry: “Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito”
Francesco Astiaso Garcia
I SEGNI DEI TEMPI |
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