IL GIRASOLE NON GIRA

 




Filastrocca scritta assieme a mia figlia Elena, in una calda mattinata d’agosto:

Papà, hai mai visto girare un girasole?
Io no… e l’ho aspettato mille ore.

Dicono che segua sempre il sole,
ma come fa, se resta fermo questo fiore?

Io lo fisso, lo scruto bene,
e lui, testardo, si trattiene.

Magari è timido, si finge un sasso,
e per paura non fa un passo.

Forse, se io mi volto e non lo guardo,
scapperà come un leopardo.

Alto e fiero, sembra un saggio,
ma sogna certo un grande viaggio.

In fondo anch’io, senza rumore,
seguo il sole come quel fiore.

Lo guardo spesso, così tondo,
e il mio cuore sogna il mondo!

Elena Astiaso Garcia con papà

E tu, dov’eri?

Appello di Giovanna 
– Comunità della Piccola Famiglia dell’Annunziata di Ma’in
(Vicino al confine con la Cisgiordania)



 Appello al cuore di tutti i fratelli e le sorelle

Perdonatemi se vi scrivo ancora — è la terza volta — ma lo faccio con il cuore sempre più pesante.
Le notizie che arrivano sono ogni giorno più dolorose, più atroci.

Ieri sera Netanyahu ha approvato un nuovo attacco su Gaza, con l’intento dichiarato di “distruggere tutto”.
Io non ce la faccio più a restare ferma.
La mia coscienza mi tormenta, perché questo restare inerti — questo non fare nulla — ci rende complici.

Complici di un genocidio.

Mi è stato detto più volte: “Tanto non serve a nulla”.
Ma questa frase è intrisa di una rassegnazione che non possiamo più permetterci.
È un grido disperato che paralizza ogni possibilità di agire.

E invece dobbiamo credere che ogni gesto di verità, ogni preghiera pubblica, ogni appello sincero possano rompere l’assuefazione, risvegliare le coscienze — e forse anche spingere chi ha potere a muoversi.

Non possiamo cedere alla logica dell’impotenza.
Non possiamo tacere.

Mi addolora profondamente vedere una Chiesa quasi silente.
Non mi do pace al pensiero che, da parte delle comunità religiose, non sia nata alcuna iniziativa concreta.
Forse perché ci siamo abituati a pensare che la testimonianza debba essere “interiore”, “silenziosa”, “nascosta”.

Ma oggi, davanti a una tragedia di queste proporzioni, non c’è nulla di più scandaloso del silenzio religioso.

Forse si teme di “esporsi troppo”, di “entrare nel politico”, di “rompere gli equilibri”
Ma non può esserci neutralità davanti a un genocidio.
O si è complici, o si sceglie la verità.

E oggi, la verità urla dalle macerie di Gaza:
decine di migliaia di morti, bambini mutilati nel corpo e nell’anima, ospedali distrutti, famiglie cancellate.
Tutto questo accade nel silenzio — o nella complicità — di molti poteri, anche religiosi.

Non basta più dirsi “in preghiera”.
Non basta condannare “la violenza in generale”.

Dove siamo noi, mentre un popolo viene annientato?
Dove sono le nostre comunità, le nostre diocesi?
Dove sono le parole profetiche?
Dove sono i gesti concreti?

La Chiesa non è un’organizzazione fra le altre, né un’istituzione neutrale: è il Corpo di Cristo.
E allora, forse è arrivato il momento di mettere il nostro corpo accanto a quello crocifisso dell’umanità.
Non possiamo restare lontani dal pianto degli innocenti.

Vi supplico ancora: prendete contatto con le comunità sorelle, con altre comunità religiose.
E vi ripropongo quello che, da mesi, mi sembra l’unico gesto possibile:

  • Radunare un centinaio tra religiose e religiosi.

  • Andare a Roma, davanti al Quirinale.

  • Pregare giorno e notte, leggere i Salmi e il Vangelo.

  • Chiedere, con la forza mite della preghiera, che il governo italiano interrompa ogni vendita di armi a Israele.

  • Rompere i legami economici con chi porta avanti un’opera di annientamento.

E poi, andare anche in piazza San Pietro, con cartelli semplici e diretti, per chiedere al Papa di:

  • Andare a Gaza.

  • Condannare pubblicamente Israele.

  • Lanciare appelli incessanti perché i Paesi occidentali si mobilitino per fermare il genocidio.

Stiamo lì, giorno e notte, a leggere i Salmi e il Vangelo.
Se la nostra arma è la preghiera, allora è il momento di usarla in modo visibile.

Se qualcuno ha un’idea migliore, ben venga.
Ma non possiamo rimanere tranquilli nei nostri conventi.

Forse anch’io mi sento stanca, scoraggiata, delusa.
Ma la mia coscienza non mi lascia in pace.

E un giorno i nostri figli — o i bambini sopravvissuti di Gaza — ci chiederanno:
«E tu, dov’eri?»

Vi prego: fate girare questa lettera a tutti i fratelli e le sorelle, e anche alle comunità sorelle.
Pregate per me.

Giovanna
Comunità della Piccola Famiglia dell’Annunziata – Ma’in

Sito Ufficiale di Francesco Astiaso Garcia

La sfida forse più complessa per un artista contemporaneo è quella di non restare intrappolato in un’unica tipologia di opera o in uno stile facilmente riconoscibile e ripetibile. Per questo, da anni, la mia ricerca artistica si muove liberamente in campi e tematiche estremamente diversi tra loro, spesso così distanti da sembrare frutto dell’immaginazione di autori differenti.

Il mio intento è sfuggire alla classificazione, alla tentazione della ripetitività, mantenendo sempre viva la fiamma della creatività. Non ci sono dubbi: l'artigianato conferma la cultura, l'arte la mette sempre nuovamente in discussione!

Ciò mi spinge a ricercare consapevolmente una sorta di “incoerenza formale”, che in realtà si fonda su una precisa e profonda coerenza intellettuale. 

Per preservare questo spirito di libertà espressiva, amo strutturare il mio lavoro in cicli: ognuno è un viaggio autonomo, un universo concettuale e visivo a sé stante, che mi permette di esplorare linguaggi, tecniche e poetiche differenti, senza mai rinunciare a quel filo invisibile che lega tutte le mie opere: il desiderio di dare forma alla bellezza, in tutte le sue infinite possibilità.

Siate, in un certo senso, irriconoscibili!

Non lasciatevi ingabbiare da etichette, ruoli o stereotipi che il mondo e il mercato vorrebbero cucirvi addosso. Così, la vostra vita e la vostra arte parlerà senza bisogno di proclami: parlerà di un’umanità diversa, libera, rigenerata.

E in questo “essere altro” sarete pienamente voi stessi!

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Sulle Orme di Cristo, Bellezza Infinita

 


Francesco Astiaso Garcia ©


Che meraviglia vedere queste fiumane di giovani riversarsi per le strade di Roma come acque vive, impazienti di confluire nell’assemblea oceanica prevista a Tor Vergata per l’incontro con Papa Leone, in occasione della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, domenica 3 agosto.

C’è chi si sorprende nel vedere tanti ragazzi e ragazze, provenienti da ogni angolo del pianeta, ancora capaci di lasciarsi affascinare dalla fede, desiderosi di seguire Cristo con entusiasmo sincero e con cuori aperti. Eppure non dovrebbe stupirci: i giovani, più di chiunque altro, rifiutano la mediocrità di una vita comoda, conformista, borghese, anestetizzata dal narcisismo e dominata dalla corsa all’accumulo.

Nel cuore dei giovani brucia l’ansia di vivere in profondità, di cercare la verità, di non accontentarsi di una felicità superficiale. C’è in loro una sete ardente di senso, un desiderio di autenticità, di bellezza che salvi e apra all’infinito.

Non è un caso che proprio loro siano tornati in prima linea nel denunciare le ingiustizie del nostro tempo: protestano contro la corruzione delle élite, contro le logiche disumane del profitto, contro l’asservimento dell’uomo all’economia e alla tecnica. I giovani lo hanno capito: troppo spesso la politica ha dimenticato il volto delle persone.

Sono loro a ricordarci che la speranza non è un’illusione da ingenui, ma una forza concreta che può cambiare la storia. Non vogliono più restare spettatori: desiderano essere protagonisti di un mondo nuovo, in cui la dignità dell’uomo sia davvero posta al centro. Sognano un’umanità riconciliata, capace di camminare verso il futuro senza repressione, senza menzogna, senza violenza.

In un tempo segnato da un’indifferenza che anestetizza le coscienze e rende ciechi davanti alle sofferenze degli scartati, il grido dei giovani è come una tromba che sveglia il cuore. È un’ondata di freschezza, di luce, di possibilità.

Abbiamo bisogno di loro: artigiani di giustizia e di pace, paladini della bellezza e della solidarietà, poeti e profeti di un tempo nuovo. Uomini e donne capaci di sognare in grande, di guardare in profondità e di accendere nuove luci là dove tutto sembra spento.

Con i giovani che si aprono all’incontro con Cristo, il volto del mondo può davvero cambiare. In loro vediamo fiorire una speranza nuova, capace di attraversare le contraddizioni del nostro tempo e di illuminare anche le zone più oscure dell’esistenza.

Questi giovani, con la loro fede semplice e profonda, ci rivelano che anche oggi, proprio nel cuore delle vicende umane più tormentate, è possibile incontrare la bellezza di un amore che salva, perché come scriveva Victor Hugo “ciò che fa notte dentro, può lasciare in noi le stelle”.

La bellezza di Cristo, se le permettiamo di raggiungerci, ha il potere di trasformarci radicalmente. Non ci condanna, ma ci rialza. A volte sembra chiederci il coraggio di cambiare vita, di lasciarci alle spalle ciò che ci appesantisce per seguirla in spazi nuovi, più liberi, più veri.

È una bellezza che guarisce, libera, restituisce senso. Una bellezza che ci mette in cammino.

Forse il destino dell’uomo non è quello di compiere pienamente la giustizia, ma di averne sempre fame e sete. Eppure, è proprio nel custodire questa sete che si gioca il senso profondo della nostra vita. La nostra speranza è immortale perché come scrive Sant’Agostino:

“Nell'universo Dio ha lasciato le sue vestigia, nell'uomo Egli ha impresso la sua immagine che lo mette nella possibilità di essere in comunione con Lui, suprema Bellezza”.

Francesco Astiaso Garcia

 

Born in 2025

Nella Città di Dio, sant’Agostino racconta un celebre aneddoto: Alessandro Magno, dopo aver catturato un pirata, gli chiede con quale audacia osi infestare il mare. Il pirata risponde senza esitazione: “Con la stessa audacia con cui tu infesti la terra. Io con una piccola nave sono chiamato ladro; tu con una grande flotta, imperatore.”

In poche battute, Agostino rovescia il paradigma della giustizia storica e smaschera il principio pericoloso su cui si fonda la retorica della legittimazione del potere: non è la giustizia a decretare la liceità degli atti, ma la forza, la scala e il successo. Non chi ha ragione, ma chi vince scrive la morale. La storia non premia i giusti, ma i più forti, e spesso traveste le conquiste con abiti di nobiltà posticcia.

Agostino, con la lucidità di un pensatore che ha attraversato la caduta dell’Impero Romano, invita a guardare oltre le apparenze del dominio. Il suo racconto non è solo una critica al potere politico, ma una provocazione etica e spirituale: quando il potere si autocelebra come giustizia, la coscienza deve imparare a distinguere, a discernere, a resistere.

Oggi, in un tempo saturo di narrazioni vincenti, slogan seducenti e costruzioni mediatiche che rivestono di senso le sopraffazioni, abbiamo più che mai bisogno di uno sguardo capace di riconoscere la retorica del potere e di disinnescarla. E magari, come quel pirata, di farlo con l’arma sottile dell’ironia e della verità.

(ispirato da un articolo di Antonio Spadaro)


Welcome to the World 2025

In mezzo mondo ormai la guerra e il conflitto 
sono la prima “culla” che accoglie un essere umano. 
La guerra non solo distrugge il futuro, 
ma lo avvelena fin dall’origine.  



PER SEMPRE - L' Adozione a Figli




Il progetto culturale “Per Sempre” di Gabriele Zanolli è molto più di una semplice mostra di pittura: è la testimonianza viva di una famiglia che ha il merito di indagare il significato dell’essere figli, svelando nel contempo il senso più alto e autentico della genitorialità. Le vere opere d’arte nascono sempre dalla carne viva dell’esistenza, intrecciandosi alle gioie e alle sofferenze dell’umanità. Senza questa connessione, l’arte si svuota e si sradica, come alghe strappate alla corrente: ancora impregnate di iodio, ma ormai lontane dal respiro del mare.

Quella di Gabriele e Lucia è un’esperienza unica e, allo stesso tempo, condivisa da tante famiglie che, come loro, hanno scelto la via dell’adozione, compiendo un grande atto di amore, generosità e accoglienza che trasforma per sempre la vita.  Nel tempo in cui tutto sembra destinato al consumo veloce, oggetti, relazioni, persino i sentimenti, l’artista ci invita a riscoprire l’autenticità di ciò che dura: la bellezza che nasce dall'accoglienza, capace di unire la fragilità della carne allo splendore del cielo. Un’esperienza profondamente umana e, insieme, radicalmente spirituale. Gabriele non si limita a raccontare la propria esperienza di adozione in modo autoreferenziale. Con profonda sensibilità, apre il suo racconto visivo a un orizzonte più ampio, accogliendo le storie di tanti altri bambini e bambine che, in modo misterioso e commovente, hanno incrociato il cammino di sua figlia Alexia presso la Casa Famiglia. Ne nasce un intreccio di volti, destini e speranze che rende ancora più universale e toccante la sua testimonianza.


Con talento e sensibilità, l’artista coglie su tela l’essenza di questi bambini, ricercando la purezza della sintesi senza mai perdere di vista l’unicità irripetibile di ciascuno. A testimonianza di questa individualità, accosta con delicatezza le linee del disegno a fondi di colore ogni volta diversi, dando vita a una vibrante armonia cromatica di rara raffinatezza. Particolarmente significativa è la scelta stilistica di lasciare alcune parti del volto intenzionalmente incompiute, invitando lo spettatore a completare l’opera con il proprio sguardo interiore. Come afferma Paul Claudel: «La poesia non è fatta di queste lettere che pianto come chiodi, ma del bianco che resta sulla carta». Ciò che accomuna infine tutti i ritratti è la veste bianca indossata dai bambini: simbolo di purezza e innocenza, ma anche, come spiega l’artista, emblema di una storia ancora tutta da scrivere. I suoi dipinti, caratterizzati da un'estetica squisitamente contemporanea, interpellano ciascuno di noi, senza moralismi, giudizi o ammonimenti. Lo fanno attraverso una testimonianza tanto semplice quanto disarmante, capace di attrarre e commuovere. Una testimonianza che parla il linguaggio della fiducia e dell’abbandono, della donazione e della gratuità.

Gli occhi dei bambini dipinti da Gabriele ci osservano e ci interrogano nell’intimo. Il loro è uno sguardo puro, capace di cogliere tutto, limpido come uno specchio. Farsi guardare da quegli occhi è un’esperienza che tutti conosciamo: ci tocca nel profondo, ci scuote, e ci costringe a un silenzioso esame di coscienza. È come se quegli sguardi ci ponessero domande antiche e fondamentali: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove stiamo andando? Domande che nessun uomo può ignorare, perché rimandano al senso ultimo dell’esistenza. Eppure, oggi sembriamo aver smarrito la direzione. Abbiamo messo da parte le grandi domande per inseguire mode fugaci, piaceri effimeri e il culto del benessere immediato. Una cosa è certa, non può esserci vera bellezza senza la piena consapevolezza del valore inestimabile di ogni persona. La bellezza è il faro che illumina la dignità, la fragilità e la sacralità di ogni essere umano. Perché tutto ciò che è autenticamente umano ci riguarda e ci appartiene...per sempre!

Qual è il vero senso del lavoro di un'artista? Se continuiamo a considerarlo come un semplice decoratore incaricato di dipingere quadri in armonia con il colore delle tende o dei cuscini del salotto, restiamo prigionieri di una visione riduttiva e svilente dell’arte. L’arte non è un lusso, né un passatempo colto riservato a pochi: non è oggetto d’élite per chi può permetterselo. Spesso sono gli stessi artisti, forse per stanchezza o rassegnazione, a perpetuare questa idea distorta, dimenticando la loro dignità e la missione profonda che li abita. L’arte è molto di più: è visione, è verità, è una forza viva capace di scuotere le coscienze e trasformare il mondo. È sotto gli occhi di tutti: l’arte, sempre più spesso, viene assorbita in un vasto progetto globale di intrattenimento e distrazione. Eppure, con questa iniziativa culturale, Gabriele restituisce all’arte la sua forza originaria e il suo potere trasformativo, facendone nuovamente uno strumento vivo di riflessione sociale e di autentica connessione umana. Al centro della sua proposta torna a risplendere il cuore pulsante dell’arte: la vita dell’uomo.



In un’epoca segnata da grida sorde e da un bullismo dilagante, dove le urla parlano soltanto allo stomaco, avvertiamo il bisogno profondo di melodie silenziose che sappiano toccare il cuore e restituirci umanità, storie e testimonianze che ci riconducano al senso e ci aprano squarci di luce nel buio delle nostre notti. Questo è il grande merito del lavoro di Gabriele Zanolli, le sue opere ci invitano a riscoprire l’arte come voce e luce, come un grido di libertà capace di illuminare l’esistenza e orientare l’umanità. In un tempo segnato da guerre, crisi climatiche ed economiche, la mostra "Per Sempre" si offre come un balsamo di bellezza e speranza, una fiamma che rischiara il buio e ci ricorda che la luce è ancora possibile. È l' invito a farci custodi della vita, là dove siamo chiamati, a non aver paura di scelte coraggiose e definitive, l'invito a passare da un'esistenza artigianale fatta di cause ed effetti, alla vita sperimentata come arte, vissuta come un'opera ispirata, aperta alla gratuità della grazia.

Questo è il compito più urgente del nostro tempo: trasformare la bellezza in vita vissuta. L’arte non può restare confinata sulla tela: deve farsi linguaggio vivo, generare incontro e solidarietà tra gli uomini. Gabriele come un vero artista non si limita a creare bellezza, ma la semina nel cuore della realtà, servendo la vita con la sua opera; allora l’arte stessa assume un valore universale e condiviso, capace di avvicinarci a qualcosa o Qualcuno più grande.

Francesco Astiaso Garcia

 



Fortezza di Grazia


Festeggiare undici anni di matrimonio sulla Grande Muraglia cinese è stato un dono del Cielo. Un’esperienza carica di significato. Forse un segno: anche l’amore, come la Muraglia, ha bisogno di solide fondamenta. Va custodito e protetto con pazienza, fedeltà e fiducia.

Il matrimonio è un cammino che chiede dedizione e cura, una chiamata a trasformare, con amore operoso, il deserto in giardino, il quotidiano in festa, la fatica in pace. Ma l’amore va anche protetto. Come scrive Rainer Maria Rilke, “due desideri infiniti si incontrano con due limiti infiniti”. Ed è lì che nasce la sfida più vera: riconoscere che l’amore non è un sogno che incanta, ma un’opera che si costruisce.

C’è chi dice che il matrimonio è la tomba dell’amore. Non è vero. Il tempo non è il nemico dell’amore, ma un'occasione per continue rinascite. La vera minaccia è l’egoismo e la visione romantica, fragile e superficiale dell’amore. L’amore autentico va protetto proprio da questo. Solo quando l’ho compreso, ho potuto sposarmi.

Ho letto parole splendide di Tolkien, rivolte al figlio, che mettono in guardia dall’idealizzazione dell’amore romantico:

“L’amore romantico distoglie dalle donne così come sono davvero: compagne nelle sfide della vita, non stelle-guida. Fa dimenticare i loro desideri, bisogni, fragilità. Incute l’illusione di un amore vero come esaltazione permanente, che non contempla il passare degli anni, i figli che arrivano, la vita di tutti i giorni... Quasi tutti i matrimoni, anche quelli felici, sono errori: nel senso che, quasi certamente, entrambi avrebbero potuto trovare compagni più adatti. Ma la vera anima gemella è quella che hai sposato.”

L’amore è una grazia. Un dono gratuito che non si conquista e non si merita, ma che tutti possiamo accogliere e vivere, desiderandolo profondamente e scegliendoci ogni giorno, con la grazia di Dio.












MOSTRA PERSONALE A PECHINO 2025


Discorso di apertura della mia mostra in Cina, organizzata dalla Fondazione Padre Matteo Ricci e dal Centro Mondiale di Sinologia per il Dialogo Interculturale, in occasione dell’inaugurazione che si è tenuta il 3 giugno 2025, presso la Galleria d'Arte dell'Università degli Studi Esteri di Pechino:


Cari amici,

grazie di cuore per la vostra calorosa accoglienza e per la generosa ospitalità.

In un tempo che tende a dividersi e ripiegarsi su sé stesso, scegliamo la via dell’incontro: promuoviamo l’amicizia tra i popoli e un dialogo fecondo tra Oriente e Occidente. Mentre i sentimenti di appartenenza ad un'unica umanità si affievoliscono, attraverso l'arte contemporanea, vogliamo celebrare la bellezza del mondo e la sacralità di ogni essere umano. Mai come oggi il mondo ha bisogno di bellezza, di senso e di amicizia, per non sprofondare nella disperazione.

Sulle orme di Matteo Ricci, siamo giunti dall’Italia fino a questa vostra terra, così ricca di storia e di sapienza, non per portare certezze o lezioni, ma mossi da un desiderio condiviso: quello di bellezza, di verità, di pienezza. È da questa sete comune che può nascere un’amicizia autentica, capace di superare ogni distanza e di costruire ponti tra culture diverse. Questo nostro incontro rappresenta una preziosa opportunità per rinnovare e approfondire l’amicizia storica tra Italia e Cina, nel segno del rispetto reciproco e del desiderio sincero di apprendere gli uni dagli altri. I nostri due popoli hanno da sempre mostrato un vivo interesse nello studio e nella conoscenza delle rispettive culture. 

François Cheng, il cui nome cinese significa "Colui che comprende l'unità" sottolinea che ad un primo sguardo, le visioni della bellezza in Oriente e in Occidente possono sembrare distanti, quasi inconciliabili. Ma quando ci si addentra con sincerità nel cuore di queste tradizioni, fino a toccare le corde più profonde del sentire, ci si scopre accomunati dallo stesso mistero indicibile che ci avvolge e ci unisce. È in questa dimensione che il dialogo diventa non solo possibile, ma necessario e fecondo. I grandi valori della sapienza cinese affondano le radici nell’osservazione attenta delle leggi della natura e dell’universo, nella ricerca del senso profondo di una vita buona, vissuta in armonia con il cosmo.

Quando si cerca la verità, mossi da uno spirito autentico, senza pregiudizi, anche se si giunge a conclusioni diverse, queste conclusioni hanno tra loro qualcosa di molto profondo che le accomuna tutte! Credo che la possibilità di scorgere questo sottile filo rosso sia il contributo più significativo di questa nostra mostra.

La mostra "Sotto lo Stesso Cielo" nasce da tre sguardi: Il primo è lo sguardo limpido e disarmato dei bambini, capace di cogliere la verità con purezza. Il secondo è lo sguardo contemplativo rivolto alla natura, la nostra casa comune, con la sua armonia e fragilità. Il terzo è lo sguardo profondo sull’essere umano, sul mistero della sua anima.

Lo sguardo dei bambini è uno sguardo che accoglie, non giudica.
Attraverso i loro occhi, la vita ci appare ancora integra, ancora possibile. Si dice che il mondo non sia l’eredità dei nostri genitori, ma il prestito dei nostri figli. Un'immagine potente, che ci restituisce con chiarezza la misura della nostra corresponsabilità!

Stiamo facendo abbastanza perché quella luce nei loro occhi non si spenga? Perché possano continuare a guardarci con fiducia? Perché in noi possano scorgere un riflesso di speranza? Dobbiamo riflettere sull'interdipendenza di tutti gli esseri umani e agire insieme, per affrontare il grave degrado umano, etico e sociale del mondo; le sole misure tecniche ed economiche non sono sufficienti.

Il secondo sguardo è rivolto alla bellezza della natura: i cieli, le acque, il fuoco, il vento, le montagne... Nei paesaggi che dipingo cerco l’eco di un’armonia profonda. Quella che la scienza riconosce come ordine fisico, e che l’arte intuisce come segno di una bellezza originaria.  Matteo Ricci scrisse che solo l'uomo spirituale sa leggere il grande libro del cielo e della terra. 

Ogni artista scopre che in fondo la bellezza è semplicemente la logica che decifriamo dallo studio delle leggi della natura. Ciò che colpisce più di ogni altra cosa è la perfetta coerenza che regola le leggi fisiche dell’universo. L’intero cosmo si comporta come un’orchestra in cui ogni strumento segue uno spartito preciso, rivelando un ordine profondo e un’intelligenza sottesa. Ogni albero, ogni stella, ogni onda ha la sua musica. Questa armonia suggerisce un disegno unitario che lega ogni elemento in un equilibrio perfetto. E l’arte, nel suo gesto più umile e sincero, è il tentativo di ascoltarla e di restituirne l’eco sulla tela. Come insegna la sapienza cinese: Due fiumi, per quanto diversi, riflettono la stessa luna. La dignità dell'artista consiste nel suo dovere di tenere vivo il senso della meraviglia del mondo. 

Il terzo sguardo è rivolto all’uomo: nei volti che dipingo cerco un equilibrio tra il rivelare e il nascondere, tra la fragilità e la leggerezza; un’aura di trasparenza ed evanescenza, che allude a ciò che non si può afferrare ma che ci abita: l’eterno. Ciò che mi interessa è far emergere dalla tela l’essenza spirituale, attraverso una sintesi tra modernità e tradizione, tra i canoni della bellezza classica e le intuizioni dell’arte contemporanea. Per risollevare l'uomo dalla sua desolata condizione esistenziale è certamente necessario discutere di politica, di economia o ecologia ma è ancora più urgente e indispensabile rivelare all'uomo la verità su sé stesso: la sua sacralità, la sua dignità, la sua vocazione all’eternità; Forse il primo compito dell’arte è proprio questo: risvegliare nell’animo umano la nostalgia del vasto e dell’infinito, la sete di Verità, Giustizia e Bellezza che ci rende pienamente umani.

In questo dialogo tra volto e cosmo, tra uomo e natura, Oriente e Occidente si sfiorano, si riconoscono, si arricchiscono. Quando ci lasciamo toccare dal mistero, ci scopriamo parte della stessa umanità!

La bellezza risveglia in noi la nostalgia di un’esistenza più piena, più vera. Ci sussurra che alle nostre vite manca qualcosa che nessuna ricchezza materiale potrà mai colmare. Il desiderio — dal latino de-sidera, mancanza di stelle — è il segno di questa assenza di cielo, sete d’infinito, nostalgia di eternità. È la voce interiore che reclama senso, quella che ci rende pienamente umani. Abbiamo bisogno di riscoprire il Sacro (nel lessico cinese Shen Sheng), superare la tiepidezza spirituale, svegliare il desiderio sopito di Dio. Tutti dobbiamo sentirci coinvolti nel favorire la ricerca globale di senso e di felicità, questa ricerca passa per la bellezza.

La figura di Matteo Ricci è una guida luminosa in questo cammino. Lui, che attraversò mari e mentalità per costruire ponti. Lui, che credette che la bellezza, il sapere e l’amicizia potessero diventare linguaggio universale. Con questa mostra vorrei idealmente continuare il suo passo, sperando che in queste opere possiate percepire un soffio. Un invito a guardare in profondità. Un canto alla dignità di ogni essere umano, un abbraccio tra culture, un piccolo seme di pace. 

L’arte non può restare confinata sulla tela: deve farsi linguaggio vivo, generare incontro tra gli uomini. L'artista non può limitarsi a creare bellezza, ma la semina nel cuore della realtà, servendo la vita con la sua opera. La bellezza è una responsabilità condivisa.

“Forse il destino dell’uomo non è realizzare pienamente la giustizia,
ma avere perpetuamente fame e sete di giustizia. Ma è sempre un grande destino.”

Grazie, di cuore, per la vostra presenza.

Francesco Astiaso Garcia




































































La mostra è stata organizzata in continuità con l'evento "Due Sguardi una Bellezza" tenutosi all'Università Pontificia Gregoriana nel giugno del 2019.