Qual'è lo Scopo dell'Arte?


L'Arte pesa più dell'Economia
( installazione di Francesco Astiaso Garcia )


Sono troppi gli artisti che smettono di dipingere per difficoltà economiche!! Sono finiti i tempi dei grandi mecenati, oggi è molto difficile poter vendere e guadagnare con l'arte anche quando si è dotati di un vero talento.

Oltretutto sono molte e sostanziose le spese da dover affrontare per poter portare avanti un lavoro artistico professionale; nella maggior parte dei casi per vivere è necessario accettare di fare anche un altro lavoro e questo riduce drasticamente il tempo, le energie e le motivazioni.

Tutti questi fattori determinano una selezione naturale e chi sognava di fare arte per tutta la vita formandosi professionalmente all'Accademia delle Belle Arti, vede le sue aspirazioni e le sue ambizioni troncate sul nascere. Quanti artisti frustati, cinici ed insoddisfatti!

È necessaria una forza d'animo grande e una caparbietà risoluta per non cedere alle pressioni sociali ed economiche che ci spingono ad abbandonare i propri sogni e il proprio talento! Il mondo ha bisogno di sognare e se gli artisti i musicisti e i poeti smettono di farlo, chi potrà continuare ad alimentare i sogni! Se è vero come disse Dostoevskij che la bellezza salverà il mondo, salvare la bellezza è responsabilità di tutti! La vita non può ridursi soltanto a lavorare, mangiare, dormire, pagare il mutuo.

"La grandezza dell'uomo si misura in base a quel che cerca e all'insistenza con cui egli resta alla ricerca", affermava Martin Heidegger, Nelson Mandela disse invece: "Un vincitore è solo un sognatore che non si è arreso".

La produzione artistica è condizionata dal mercato, dalla moda e dalle influenze di tendenza. Questo di per sé non è un male ma spesso lo diventa lì dove le dinamiche di mercato hanno il sopravvento sulla creatività e la produzione originale di un'artista, cioè quando un'artista finisce per dipingere non tanto quello che sente quanto quello che il mercato domanda.

 Il mondo culturale odierno è asfittico, disperatamente fatuo e conformistico. Se non hanno per prima cosa un valore di mercato, le scienze, le idee, le arti non interessano.

Le classifiche dei libri più venduti e non dei libri migliori non fanno che confermare questa mentalità; sempre più spesso gli editori, anche quelli che una volta erano autorevoli e prestigiosi, non si vergognano più di rifiutare libri di valore con l'argomento che le previsioni di vendita sono basse.

Ci si impegna ossessivamente per il premio Strega più per vendere che per amore della letteratura; la verità è che il mercato è il grande tiranno dell'arte.

È molto facile che il mercato con il suo entourage di galleristi, mercanti e collezionisti, tiranneggi la produzione estetica fino al punto di considerare arte solo quello che si vende. Con l'arte Pop negli Stati Uniti d'America si è arrivati ad affermare che "fare arte non consiste nel dipingere un quadro quanto nel venderlo".

Andy Wharol amava ripetere che "non si vende tanto la qualità della carne, quanto il rumore della bistecca sulla piastra". Dovremmo dedurne che più importante dell'arte stessa, è tutta l'operazione di marketing che gli sta intorno.

Come dire: se aspiri alla fama come artista, non perdere tempo in Accademie e scuole di disegno, fatti piuttosto fotografare accanto ad una celebrity e presto sarai abbinato al sostegno dell'élite culturale globale.

Secondo voi, onestamente, quanti, tra gli artisti contemporanei super star che vendono opere milionarie nelle più importanti case d’aste del mondo, supererebbero l’esame d’ammissione di disegno dal vero all’Accademia delle belle Arti?

Di che bellezza possiamo parlare quando si dichiara di voler creare un'opera liberata dalla bellezza, se non del grido della sua assenza!

Dopo che si è cercato di afferrare l'autentica realtà dell'opera d'arte con le regole dell'estetica ed essersi resi conto che questa non si fa definire, allora si demanda alla galleria la dichiarazione di ciò che è arte e di ciò che non lo è. La galleria dovrebbe così avere la straordinaria magia di cambiare le cose in arte. Ma come Duchamp stesso ha fatto vedere, tutto diventa relativo: un orinatoio può stare in un museo e si può usare un Rembrandt come asse da stiro.

Recentemente ho letto un'intervista di Pierluigi Panza, autore del libro "l'opera d'arte nell' epoca della sua riproducibilità finanziaria" in cui afferma che il valore dell'arte contemporanea è disgiunto sia dai criteri di valutazione applicabili ad un'opera di artigianato, sia dai criteri di valutazione estetici che una critica fondata può attribuirgli...Per fare un affare bisognerebbe essere un insider e telefonare a chi muove le leve: Cosa compri il mese prossimo? ...la questione del valore artistico di un'opera non la stiamo nemmeno sfiorando."

È vero che la novità è spesso incompresa; l'artigianato conferma la cultura, l'arte la mette invece in discussione costringendola all'evoluzione. Solo il vero artista è capace di dare alla gente, non quello vuole e conosce, ma piuttosto quello che ancora non sa di volere; il nome "Impressionismo" è nato come vezzeggiativo sprezzante di una pittura non compresa dalla critica e dal mercato ufficiale, per fare l’esempio forse più noto.

D'altra parte però il rischio di un eccessivo zelo nella tutela della creatività personale è quello di separarsi dal mondo e perdere il contatto con il pubblico destinatario delle opere d’arte. L'artista dovrebbe invece rivolgersi a tutti, e a ciascuno offrire consolazione e speranza, deve aprire orizzonti dove sembra che non ce ne siano più, scuotere il mondo anestetizzato da un'indifferenza che non permette più di vedere la sofferenza degli altri.

Abbiamo urgente necessità di un'arte capace di recuperare la missione del servizio, di un'arte che sappia tessere le relazioni tra le persone e sappia recuperare la bellezza come una realtà penetrata dall'amore. L'umanità ferita è alla ricerca della bellezza, alleviarne le ferite vale più di qualsiasi stipendio a fine mese e di ogni certezza economica; Ma se la bellezza manifesta la realizzazione del vero e del bene, allora oggi non si può nascondere la preoccupazione di fronte a ciò che narrano le arti contemporanee.

C'è chi fa giustamente notare che parlare di bellezza dentro un tale ambito è più o meno come parlare di solidarietà e carità all'interno di un mondo individualista, dove ci si preoccupa solo di sé stessi.

L'arte contemporanea annuncia la tragedia del cuore umano quando sgancia la libertà dall'amore che è la sua essenza e verità.

Francesco Astiaso Garcia

 

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