Nelle ultime settimane
ho fatto molti sogni della maggior parte dei quali ricordo poco o nulla, altri
li ricordavo appena sveglio, ma una volta mescolati con la vita, li ho
scordati: c'è solo un sogno, o meglio un incubo che proprio non riesco
a dimenticare: Suggestionato dalla situazione di guerra
in Afghanistan e profondamento impressionato dalle sofferenze di migliaia di
persone ho sognato di essere un profugo costretto a lasciare tutto con moglie e
figli al seguito, a causa di una guerra improvvisa; rimane vivido nella mia
mente il sentimento di drammatico sradicamento che accompagnava il nostro peregrinare senza meta mentre i miei figli domandavano insistentemente: e
adesso che facciamo, dove andiamo papà?
Al risveglio ero
fortemente scosso, la mia felicità nello scoprire che si fosse trattato solo di
un sogno è stata subito accompagnata da un terribile senso di colpa verso chi
realmente si trovava in quelle drammatiche circostanze!
Quant'è complicata la
capacità di immedesimazione, mettersi nei panni degli altri è molto
più difficile di quanto si pensi a partire dalle situazioni più semplici; mi
colpisce per esempio, constatare nel traffico romano, l'indignazione dei pedoni
per la prepotenza di chi alla guida non si ferma sulle strisce, per poi, nella
maggior parte dei casi, fare lo stesso una volta saliti in automobile. Se
siamo incapaci di immedesimazione nelle circostanze più banali, immaginiamo
nelle questioni più importanti; com'è difficile sentire sincera empatia e
compassione per chi combatte battaglie a migliaia di chilometri e fugge da
nemici che non vedremo mai, abbandonando figli che non sono i nostri.
È stato uno degli incubi
più belli che abbia mai fatto, un incubo che ha
scalfito almeno in parte la mia incapacità di compassione, permettendomi per una notte, di vivere un assaggio, quasi reale, del dramma di tanta povera
gente. È stato allora che ho sentito il desiderio di fare qualcosa, di
prendere almeno un'iniziativa, così assieme al mio amico Filippo abbiamo
pensato di organizzare un pomeriggio di condivisione, speranza e spensieratezza con la
comunità afgana di Macerata, è stata una piccolissima cosa che ha portato
tanta gioia e un forte sentimento di fratellanza che nasce dallo stare insieme.
Il momento forse più
emozionante è stato cantare con tutti quei bambini afghani la canzone di Josè
Luis Perales "Que canten los niños", una preghiera che si
alza dalla voce dei più piccoli che cantano anche per quei bambini che
non possono più cantare, perché hanno spento la loro voce!
#AfghanWomenExist
#TogetherWeStand
#AfghanistanIsCalling
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